Cultura Un papa sepolto nei Colli Euganei

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novembre 8, 2018
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DESCRIZIONE

UN PAPA SEPOLTO NEI COLLI EUGANEI E PURE SANTO

PAPA SANT’ADEODATO I (O DEUSDEDIT)

Nella serie dei Pontefici è indicato col nome originario Deusdedit («Dio ha dato») e con l’equivalente Adeodato («donato da Dio»). Figlio del suddiacono romano Stefano, è stato educato nel monastero dell’Urbe dedicato a sant’Erasmo. Poche le notizie sul suo pontificato giunte fino a noi. Sappiamo che Adeodato, succedendo nel 615 a papa Bonifacio IV, trova le alte cariche ecclesiastiche in mano a monaci, come ha voluto Gregorio Magno (590-604), e che le riaffida ai preti secolari, ma obbligandoli a pregare di più. All’epoca una parte d’Italia è in mano ai Longobardi e l’altra, con Roma, dipende dall’imperatore d’Oriente, rappresentato da un esarca che vive a Ravenna e spesso percorso da lotte di successione. Un tempo in cui non mancano le controversie dottrinali, ma Adeodato non ha il tempo di affrontarle. Nel 616 riappare nell’Urbe la peste, che aveva già fatto strage nel 590. Nel 618 arriva un’epidemia mortale di lebbra o scabbia. E tra un contagio e l’altro viene il terremoto, nell’agosto 618. È Adeodato che deve soccorrere e consolare, ma lo fa per poco perché proprio nel 618 muore. (Avvenire)

Etimologia: Adeodato = dato da Dio, dal latino

Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, san Deusdédit I, papa, che amò il suo clero e il suo popolo e fu insigne per semplicità e saggezza.

Nella serie dei Pontefici è indicato col nome originario Deusdedit (“Dio ha dato”) e con l’equivalente Adeodato (“donato da Dio”). Figlio del suddiacono romano Stefano, è stato educato nel monastero dell’Urbe dedicato a sant’Erasmo. Altre notizie non ci sono su di lui giovane, e ben poche sul suo pontificato, perché “durante la prima metà del VII secolo, che fra tutti fu per la città il più orribile e rovinoso, la storia di Roma è immersa in una oscurità fittissima” (F. Gregorovius).
Sappiamo che Adeodato, succedendo nel 615 a papa Bonifacio IV, trova le alte cariche ecclesiastiche in mano a monaci, come ha voluto Gregorio Magno (590-604); e che le ridà ai preti secolari, ma obbligandoli a pregare di più.All’epoca sua una parte d’Italia è in mano ai Longobardi; e l’altra, con Roma, dipende dall’imperatore d’Oriente, rappresentato da un esarca che vive a Ravenna. E che ci muore, a volte: come Giovanni Lemigio, ucciso dalle sue truppe rimaste senza stipendi. A sostituirlo arriva l’esarca Eleuterio, che incontra papa Adeodato a Roma e paga ai militari gli arretrati. Ma poi tenta di farsi proclamare imperatore e finisce trucidato. D’altronde, a Costantinopoli regna l’imperatore Eraclio, che ha fatto uccidere il predecessore Foca, il quale aveva ucciso il predecessore Maurizio e i suoi figli. Questi sono i tempi in Oriente e in Occidente, con l’aggiunta delle controversie dottrinali fra i cristiani. Ma Adeodato non ha il tempo di affrontarle. Nel 616 riecco nell’Urbe la peste, che aveva già fatto strage nel 590. Nel 618 arriva un’epidemia mortale di lebbra o scabbia.
E tra un contagio e l’altro viene il terremoto, nell’agosto 618. Così, lui “pontifica” in mezzo ai morti, e tra superstiti atterriti che gli chiedono aiuto, perché Roma appartiene all’imperatore lontano, ma le disgrazie dei romani “appartengono” al Papa. È Adeodato che deve soccorrere e consolare. Ma lo fa per poco: nell’anno terribile, la morte lo coglie. L’ “oscurità fittissima” di cui parla Gregorovius avvolge anche la sua fine, come quella di tante altre vittime. Non abbiamo notizie certe sui suoi ultimi giorni. Sappiamo soltanto che per dargli un successore ci vorranno tredici mesi.

Autore: Domenico Agasso

L’epitaffio di Adeodato, composto da papa Onorio I, lo descrive semplice, pio, saggio e accorto. Sul letto di morte lasciò un’indennità al suo clero, l’equivalente di un anno di paga per ciascuno, come dono per la partecipazione ai suoi funerali. Morì l’8 novembre 615, e venne sepolto nella basilica di San Pietro in Vaticano. Nel XVII secolo il corpo fu traslato nella chiesa di San Bartolomeo a Valnogaredo, frazione di Cinto Euganeo, su volere di Papa Innocenzo XII.

 




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