Cultura IL VALLO EUGANEO

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novembre 6, 2018
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DESCRIZIONE

Il 16 agosto 1944, per ordine delle autorità militari tedesche, nella zona di Este e di Monselice iniziò la precettazione di tutti gli uomini dai 16 ai 60 anni allo scopo di utilizzarli nella costruzione di una linea fortificata che avrebbe collegato Monselice a Vo attraversando le pendici meridionali dei colli e che, nei progetti dei tedeschi, avrebbe dovuto rallentare, se non arrestare, l’avanzata degli eserciti alleati. Su invito dei superiori i parroci si assunsero il compito di assicurare l’assistenza religiosa alle migliaia di persone che per circa due mesi furono impegnate nello scavo di trincee, camminamenti, caverne e nell’allestimento di postazioni fortificate. Un particolare attivismo dispiegò don Cattin, il parroco di Baone: il territorio della sua parrocchia, come del resto quello di Calaone e di Valle, fu largamente investito dai frenetici lavori di costruzione del “vallo euganeo”. Già nella prima domenica dopo l’inizio dei lavori si presentò tra gli operai precettati per dir messa e predicare contro la bestemmia. Di quella giornata ci ha conservato il ricordo il diario di guerra di Antonio Guariento:
“20 agosto – Domenica. Lavoro a Baone. Mi trovo nella solita compagnia di
studenti. Alle 9.30 S. Messa al campo. Scarsa partecipazione di presenti, ma abbastanza devoti. Le parola del celebrante, il parroco di Baone, sulla bestemmia, sono appropriate e ben dette. Vi partecipo con intensa commozione. Ma poi nella giornata grandi bestemmie ancora! Si lavora fino alle 11 e passa anche un’orchestrina. Quanta ironia! Alle 12 in punto ripresa del lavoro sotto la canicola e a digiuno, fino alle 15”.
Data l’urgenza di completare le opere di fortificazione, i tedeschi estesero quasi subito la precettazione anche alle donne. Alcuni parroci protestarono contro questa decisione, ma le rimostranze non ebbero ascolto. Per aver osato tuonare in chiesa contro la mobilitazione femminile, il parroco di Baone ricevette la visita di un ufficiale tedesco che gli esternò l’irritazione dei suoi superiori:
“Io – si difese il parroco – ieri dissi in merito queste sole precise parole: la bestemmia dilaga in modo impressionante. Il vizio si estende anche alle donne. Seppi in questi giorni che gli uomini del lavoro per apprestamenti bellici si sono fortemente meravigliati che quelle due o tre ragazze, che si sono portate sul luogo per portar acqua ai lavoratori, bestemmiassero e parlassero turpemente più degli uomini stessi. Vi sfido a trovarmi un solo che possa dire, avendomi ascoltato in chiesa, ch’io parlai diversamente. Portatemi qui la stessa persona che mi denunciò e alla mia presenza non sapra ripetere l’accusa. “Voi – replicò il comandante tedesco – avete predicato contro i giovani che lavorano a torso nudo”. Dissi – aggiunse il parroco – di non poter approvare che giovani anche di buone famiglie cristiane – escludo necessità militari – troppo facilmente adottino costumi favoreggianti un non necessario nudismo maschile…”.

Nei mesi seguenti avvennero altri episodi che non potevano essere interpretati se non come segnali che la situazione stava ormai precipitando e che l’atteggiamento dell’alleato tedesco diventava più diffidente e duro. Il 14 settembre fu fatta saltare la croce di ferro che si ergeva sul punto più alto del monte Cecilia. Il giorno dopo i tedeschi requisirono la vecchia chiesa per alloggiarvi “feriti in caso di catastrofe”. Don Cattin comunque non si perse d’animo e continuò a visitare i cantieri di lavoro e a celebrare la messa al campo fino ad ottobre inoltrato.
Poche settimane dopo Baone piangeva le prime vittime civili. L’8 novembre a Valle i soldati tedeschi uccidevano il sessantenne Matteo Cardin a poca distanza dalla sua casa da cui stava scappando: era ricercato perché ritenuto colpevole di aver dato ospitalità ad un partigiano. “Tutto il paese pianse di dolore, di sdegno – ha scritto Carisio Canevarolo nelle memorie autobiografiche a proposito della morte di Cardin – e ricorda tutt’ora il grande delitto forse di male lingue, forse di ideologia fratricida”. Un mese dopo alle Casette il giovane Pasquale Maron venne ucciso da un tedesco.
“L’inverno 1944 – scrive ancora Canevarolo – fu molto duro: privazioni di ogni genere e specie, mancanza persino di sale. Tedeschi ad ogni angolo, brigatisti neri ad ogni passo”. Agli inizi di gennaio del ‘45 il Commissario prefettizio di Baone attivò il servizio di vigilanza della linea fortificata mediante l’utilizzo di squadre costituite da persone residenti nel comune esenti da obblighi militari. Un mese dopo il comando tedesco di Este pretese che la sorveglianza, inizialmente limitata alle ore diurne, si effettuasse anche di notte e sollecitò l’assunzione di nuove guardie. Per la completa organizzazione del servizio il Commissario prefettizio reclutò ben 153 uomini, distribuiti in quattro squadre di 25 uomini ciascuna per il servizio notturno e quattro squadre di 13 uomini ciascuna per il servizio diurno. Le squadre operavano nei quattro settori in cui era stato diviso il territorio attraversato dalla linea fortificata: settore Rivadolmo, settore Villa Rita, settore Casette, settore Valle San Giorgio.
L’attività di sorveglianza era iniziata da appena una ventina di giorni quando furono segnalati i primi franamenti delle trincee scavate pochi mesi prima. Il fenomeno continuò a manifestarsi in misura crescente a febbraio e a marzo, come attestano le frequenti segnalazioni trasmesse dal Commissario prefettizio al comando tedesco di Este. “Comunico che molti lavori vanno continuamente franando” si legge nel rapporto del 21 febbraio, dove sono elencati ben dieci siti interessati al fenomeno.
Nello stesso torno di tempo anche il territorio di Baone cominciava a vivere l’incubo dei bombardamenti e dei mitragliamenti dell’aviazione nemica. Nella notte tra il 17 e il 18 febbraio si ebbe un primo bombardamento in località Gemola Caranzolo, a cui ne seguirono altri: nella notte tra il 7 e l’8 marzo furono sganciate 15 bombe in località Sturare, il 25 dello stesso mese a Rivadolmo furono mitragliati un camioncino ed un’auto Topolino, il 23 aprile gli aerei colpirono la frazione di Valle in località Ponticelli con tre bombe che provocarono cinque feriti leggeri.
Nel pomeriggio del 26 aprile, infine, una squadriglia di aerei sorvolò per tre volte l’abitato di Calaone sparando raffiche di mitragliatrice e lanciando bombe. Il bersaglio era la linea fortificata nella convinzione che il nemico fosse annidato nelle trincee, nei camminamenti, nei rifugi che erano stati allestiti alla fine del ‘44. In paese si diffuse il panico, ma il parroco, dimostrando grande prontezza di spirito, si affrettò a ricoprire il piazzale della chiesa di lenzuoli bianchi e ad appenderne altri alla chiesa e al campanile. I parrocchiani ne seguirono l’esempio imbandierando perfino i pagliai. “Fu – si legge nella Cronistoria – la salvezza: gli aerei continuarono a sorvolare senza più danneggiare”.
A Baone invece non andò altrettanto bene. Nello stesso giorno il quarantunenne Rino Trevisan fu sorpreso dai tedeschi in prossimità dei suoi campi in via Rana con un’arma da fuoco in tasca e ucciso sul posto.

Ma fu a Valle San Giorgio che si consumò la tragedia più grande e più dolorosa. Il giorno 27, attuando una rappresaglia feroce e assurda, soldati tedeschi fecero strage della famiglia Cerchiaro, uccidendo il capofamiglia Pietro, due figli e un nipote. Nella loro casa, due giorni prima, i partigiani avevano portato un tedesco catturato a Galzignano, ma dopo una breve detenzione lo avevano lasciato libero.
Il 28 aprile era tutto finito, anche se soldati tedeschi allo sbando continuavano a infestare il territorio. Era già il momento di ricominciare a vivere: spazzato via fascismo e nazismo, la vita civile doveva riprendere. Così, verso sera, il parroco di Baone, raccolta la popolazione sul sagrato della chiesa parrocchiale, presentò il nuovo sindaco nella persona di Giovanni Ossi. Formalmente il parroco aveva avuto il mandato dal Comitato di Liberazione Nazionale di Este, ma era stato lui a proporre il nome di Ossi, e nella Cronistoria precisa di aver fatto quella scelta già sei mesi prima della fine della guerra.
La cerimonia in cui don Cattin concesse “l’investitura” al primo sindaco dell’era democratica sancì pubblicamente il primato dell’autorità religiosa sull’autorità civile e indicò quale sarebbe stato il timbro della vita politico-amministratlva negli anni del secondo dopoguerra e della ricostruzione. E dunque non destarono sorpresa i dati del referendum del 2 giugno 1946 che assegnarono, con 1251 voti su 1930 voti validi, una schiacciante maggioranza alla monarchia.

http://www.comune.baone.pd.it/nella-seconda-guerra-mondiale




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